Intervista al Professor Luigi Spedicato sul capitalismo

1) Che cos’è il capitalismo? Come nasce?
Dobbiamo tornare un po’ indietro rispetto all’età classica dello sviluppo del Capitalismo, che inizia all’incirca tra la fine del Settecento e gli inizi dell’Ottocento. Le premesse partono due-tre secoli prima e riguardano per buona parte anche l’Italia, anche se noi poi con la fase dello sviluppo industriale del Capitalismo arriviamo tardi. Immaginate cos’era l’economia intorno all’anno Mille, in pieno Medioevo: i beni provenivano dall’agricoltura e il commercio era fortemente limitato da strade che ovviamente non erano quelle di oggi, non erano favorevoli a beni deperibili. C’era il settore tessile, ma risentiva delle stesse limitazioni. Si faceva tutto con la forza delle braccia o con la forza degli animali o sfruttando energie naturali, ma in quantità davvero esigue. Dal 1200 le cose cambiano: le tecniche vengono migliorate, così come i telai e le macchine, e quindi si inizia a produrre con lo scopo dello scambio con altri mercati: è praticamente l’inizio del Capitalismo. Da segnalare anche il fatto che le navi diventano più grandi, più affidabili, più capaci di trasportare merci. Tra il 1400 e il 1500 il problema diventa un altro, ovvero che ci sono così tanti capitali che non si sa come impiegarli: il primo modo è quello usato oggi dalle banche, cioè prestare soldi. Periodo di grandi guerre, anche molto lunghe, che costano, e che dunque vengono finanziate dalle grandi famiglie commerciali, italiane ma anche nordeuropee, quali la Lega Anseatica. Una parte di questi capitali viene impiegata nelle arti, cioè per costruire meravigliosi palazzi e per finanziare i vari Leonardo Da Vinci. Per arrivare però al Capitalismo vero e proprio dobbiamo aspettare il 1700: nasce la Scienza moderna, vengono create le prime macchine in grado di produrre merci in enorme quantità ed in grado di sostituire integralmente il lavoro dell’uomo. Fondamentali diventano il telaio meccanico e la macchina a vapore, che dà il suo contributo al commercio marittimo, con le navi che non hanno più bisogno del vento per muoversi. Nascono i manager, i tecnici e dunque le scuole di massa, in cui si impara come usare le macchine, come ripararle e come inventarne di più efficienti. L’ho fatta un po’ lunga, ma è per far capire che il Capitalismo ha avuto secoli di gestazione.

2) Nelle nostre attività quotidiane quanto ha influito il capitalismo?
Moltissimo. Il Capitalismo non è solo un modo di produrre, è un modo di pensare e presuppone un meccanismo che separa il capitale dalle persone. I possessori del capitale devono avere gli Stati dalla loro parte e dunque convincere le persone che il Capitalismo sia la miglior forma di governo delle società complesse. Secondo Karl Marx noi dobbiamo accettare di essere governati da uno Stato che è amico del capitalismo e questo non è facile perché il capitalismo permette a poche persone di guadagnare cifre enormi e costringe moltissime persone a lavorare per produrre quella ricchezza, ovvero l’estrazione del plus-valore. In questo meccanismo il valore della merce che l’operaio produce è superiore al compenso che prende lui. L’operaio lavora diverse ore e solo una parte di queste gli verranno retribuite, poiché una parte, il plus-valore appunto, sarà guadagno dell’azienda, del possessore del capitale. Il capitalismo produce sicuramente competitività, c’è una spinta all’innovazione, c’è l’idea che noi siamo in concorrenza spietata per tutta la nostra vita contro qualcun altro. Quindi innovazione ma anche un modo di pensare modificato e questo forse è il lascito meno positivo del capitalismo.

3) L’ex Ilva di Taranto è un esempio di capitalismo: che impatto ha avuto il capitalismo sull’ambiente? Possiamo oggi rinunciare al capitalismo e a tutto ciò che ne deriva?L’impatto sull’ambiente è stato devastante e qui c’è una storia che è ancora più antica del capitalismo e riguarda il rapporto tra uomo e natura. L’uomo all’inizio andava a caccia, cercava radici per cibarsi, poi ha iniziato a coltivare e dunque ha iniziato a cercare terre coltivabili e quando non le ha trovate ha iniziato a disboscare per creare terre coltivabili. Ovviamente un conto era l’Europa che intorno all’anno 1000 contava 80 milioni di abitanti, un conto è adesso che siamo 400 milioni. Adesso non diamo tempo alle foreste di ricrescere, basti pensare a quello che sta facendo il presidente del Brasile Bolsonaro, che sta disboscando le foreste per aumentare i terreni da utilizzare per il pascolo, fondamentale per l’economia del paese. Stesso discorso con le miniere: la scoperta della macchina a vapore ha permesso di creare macchine che fanno il lavoro di milioni di uomini, ma al tempo stesso è un lavoro che devasta il territorio. Dunque il capitalismo non ha inventato lo sfruttamento delle risorse naturali, quello ce lo siamo inventati da soli come specie umana, il capitalismo è stato semplicemente il più potente agente di distruzione che l’umanità abbia mai creato. Se è possibile rinunciare a tutto questo? Questa è una domanda da 8 miliardi di persone! La risposta è che il capitalismo è diventato il modo unico di produrre anche per paesi che una volta si dichiaravano anti-capitalisti. Il problema è quello che Marx anticipava già all’epoca e cioè che il capitalismo non si fermerà davanti a nulla, nemmeno davanti alle sperequazioni che provoca: la sperequazione tra ricchi e poveri e tra ambiente e produzione. Una delle contraddizioni tra consumo e rispetto dell’ambiente sta nel dire che tutti dovremmo consumare meno carne, quando noi occidentali ne consumiamo molta di più di altri e dunque è paradossale dire che “tutti dovremmo ridurne il consumo”. Noi che ne consumiamo tantissima non possiamo dire questo a gente che soffre di denutrizione. Io non vedo all’orizzonte un’uscita dal capitalismo, vedo un uscire dal modo capitalistico di produrre sfruttando risorse non rinnovabili. Bisogna capire cosa sfruttare, come ad esempio gli enormi deserti esistenti sul pianeta, come quello di Atacama in Cile, come quello del Sahara, come quello degli Stati Uniti tra New Mexico, Utah e California. Il capitalismo deve imparare la lezione, che cioè, se muore la Terra muore anche lui.

4) Il capitalismo in origine ha apportato miglioramenti in campo sanitario e non solo. Sta succedendo il processo inverso adesso? Se sì, per quale motivo?
Sì, senza dubbio. La scienza ha fatto i suoi primi passi incrociando, ad esempio, gli scienziati arabi con la tecnologia occidentale. In Italia, a Bologna, è nata la prima università e l’Erasmus non è un’invenzione moderna, si faceva già secoli fa, con gli studenti che seguivano i docenti. Anche questo è un frutto del capitalismo, cioè poter dire ad una persona di non andare a lavorare, ma di mettersi su un libro costoso a studiare e ad imparare, andando alle università di Parigi, di Bologna, etc… Un processo molto costoso che è possibile grazie al capitale, quindi un incrocio tra capitale e sapere, dal quale nasce la scienza moderna. La scoperta dei vaccini ci fu grazie ad un’intuizione, ovvero che estraendo del pus da mucche infette da vaiolo ci si ammalava di meno, perché si creavano gli anticorpi. Il problema è che poi bisogna produrlo per milioni di persone, ed è lì che interviene il capitalismo: devi inventare delle fabbriche di vaccini, poi devi distribuirli, poi hai bisogno della catena del freddo, quindi delle macchine refrigeranti, inventate nell’Ottocento, per conservare il vaccino. Tutto ciò diventa una logica perversa quando il vaccino oltre a salvare vite diventa un potente fattore economico e non è un caso che non si sappia quanto ci siano costati i vaccini contro il Covid perché è un segreto commerciale. Altro dato da tenere d’occhio è il fatto che su 8 miliardi di persone solo 2 miliardi sono state vaccinate (nelle zone ricche del pianeta), dunque restano 6 miliardi di persone in posti del mondo meno ricchi con le quali il virus può fare ciò che vuole, creando varianti e aggirando le nostre difese. In questo meccanismo il capitalismo da un lato salva vite, ma dall’altro ne lascia morire e ammalare altre, poiché unico scopo è il guadagno e dunque le licenze non vengono concesse, facendo in modo che il virus resti comunque pericoloso anche per chi è vaccinato.

5) Può il consumismo garantirci una convenienza tra qualità del prodotto e costo derivante?
Questa è facile e la risposta è no. Il consumismo ha una regola: tu devi consumare, acquistare, cose di cui non hai bisogno. Naturalmente ti devo convincere che ne hai bisogno ed a questo servono il marketing e la pubblicità e soprattutto il creare un bisogno che non si può mai soddisfare. Ti devo convincere che quella giacca che ti sta benissimo, che tu hai nell’armadio, è fuori moda, guarda caso ha tre bottoni anziché due, e non penserai certo di andartene in giro con una giacca con tre bottoni?! Per l’amor del cielo! Quelli che ti incontrano cosa vuoi che pensino?! Ecco, questo si chiama “creare il bisogno”, separando il bisogno da quello di cui abbiamo necessità per vivere ed avviene su tutto. Ad esempio, le offerte tre per due, in cui statisticamente paghiamo due per consumare uno e mezzo. Un discorso simile per certi versi va fatto col riscaldamento dentro casa l’inverno, con noi che teniamo il riscaldamento accesso a 24 gradi quando invece basterebbero 18 gradi e un maglione per stare bene comunque e non bruciare ulteriore gas. Quindi la domanda è: quanto siamo disposti a rinunciare alle nostre abitudini per aiutare il pianeta?

6) I vegani, i vegetariani, possiamo dire che siano una conseguenza del consumismo?Vegani e vegetariani sono la dimostrazione di due fenomeni: il primo, una consapevolezza maggiore che il nostro stile di vita produce danni innanzitutto al nostro organismo e all’ambiente; in secondo luogo una maggiore sensibilità nei confronti di animali e natura. Stiamo capendo, in piccolissima percentuale ancora, che il pianeta Terra è di tutti e tutti abbiamo diritto a viverci. È chiaro che un minor consumo di carne porta anche meno tir a spostarsi per distribuirla e dunque meno inquinamento, per dirne una. Poi c’è una riscoperta della terra, delle coltivazioni: ad esempio qui nel Salento c’è il ritorno dell’aridocoltura, cioè imparare a far crescere le piante impiegando meno acqua di quella che adesso sprechiamo. Quindi vegani e vegetariani mandano segnali importanti, se poi siano sostenibili a livello di massa è un altro problema. Le macchine elettriche, ad esempio sono acclamatissime dai movimenti green, ma le batterie con le quali si alimentano sono a litio ed estrarre il litio significa devastare l’ambiente, perché il litio è raro nella crosta terrestre e per produrlo bisogna smontare letteralmente catene di montagne. Dunque ok, bella la macchina elettrica ma cosa ho dovuto fare per produrla? Bisogna quindi, anche dinanzi a scelte come questa, calcolare tutti i fattori che entrano in gioco.

7) Perché il capitalismo ha portato dei cambiamenti a livello sociologico e psicologico?Perché è un modo di organizzare non la produzione, ma la società. Le istituzioni politiche sono modellate sui bisogni e sugli interessi del capitalismo, un mondo in cui si fanno gli interessi di pochi e purtroppo quasi nessuno si pone il problema di un eventuale modello alternativo. Il capitalismo ha messo insieme tre cose: un modo di produrre, un modo di governare le società ed un modo di conquistare le menti degli uomini e delle donne.

8) Servirebbe una maggior consapevolezza quando si acquistano determinati prodotti? Faremmo bene a fare più attenzione e a preferire prodotti che usano energie rinnovabili e simili?
Assolutamente. Noi, rispetto alle società precedenti, non possiamo dire di non sapere. Esistono i patti etici, ovvero non mettere in commercio prodotti creati tramite lo sfruttamento di bambini, come ad esempio nel commercio di diamanti. Proprio da questo commercio nacque il primo patto etico, cioè un impegno a non acquistare diamanti dei quali non si conoscesse il processo di produzione.

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