Intervista all'Assessore al Welfare Rosa Barone

1) A quanto ammontano i fondi stanziati per il welfare nel 2022 in Puglia?
I fondi per i prossimi tre anni prevedono un miliardo e cento milioni di euro per tutta la Regione per l’ambito sociale. 

2) Durante la pandemia si è notata una carenza nell’assistenza sanitaria. Come si può migliorare questo sistema? La chiusura degli ospedali causa COVID ha inciso su questo disagio?
Sicuramente c’è stato un servizio ridotto, un’attività ridotta, all’interno degli ospedali, che va assolutamente ricucita e compensata. Avrete sicuramente sentito parlare del PNRR e sono previste tante misure, sia sociali che sanitarie, per tutta la Regione. Ci sarà un aumento delle risposte e dei servizi territoriali, in maniera da poter modificare l’organizzazione sanitaria. Le case di comunità e gli ospedali di comunità faranno sì che ci sia un passaggio intermedio, mentre a livello sociale, di welfare, abbiamo previsto qualcosa come trecento attività su tutta la Regione in modo da dare vita a nuovi centri diurni e strutture che possano accogliere i disabili, piuttosto che i bambini, piuttosto che gli anziani. Questo sempre all’interno del PNRR, che ci ha dato 27 milioni, divisi nei diversi ambiti, in modo da dare una risposta alle diverse esigenze nei diversi ambiti e nei diversi comuni. 

3)I fondi del PNRR sono serviti per sostenere la sanità pubblica?
Sì, lo abbiamo detto prima. Però deve essere completato tutto entro il 2026 e dunque avremo anche risposte in tempi brevi, fortunatamente.

4) Per quanto riguarda l’occupazione femminile e la salvaguardia del posto di lavoro durante la maternità, cosa si sta facendo?
Dal 2013 noi abbiamo attivi i buoni servizi per i minori: le mamme e le famiglie che hanno dei bambini possono, in Puglia, portare questi bambini, grazie a questi buoni pagati dalla Regione Puglia. Considerate che lo scorso anno abbiamo dato con questi buoni 50 milioni. Quindi abbiamo rafforzato la conciliazione vita-lavoro, cioè fatto sì che le donne vengano sgravate dall’impegno quotidiano dei bambini. Parallelamente ci sono anche i buoni per i disabili e per gli anziani, dunque un aiuto per le famiglie che hanno dei genitori o un disabile in casa, potendoli portare in questi centri e librando dunque la donna dal cosiddetto “lavoro di cura”, tanto dei bambini, quanto dei genitori.

5) Per agevolare il lavoro su determinate categorie protette, cosa si è fatto? Cosa si sta facendo?
Quella per le categorie protette è una legge nazionale, che non sempre viene rispettata. Io sto collaborando con l’Assessore Leo per favorire il lavoro per le categorie protette. Purtroppo le percentuali previste non vengono rispettate ed è bene che ci sia una presa d’atto maggiore da parte dei datori di lavoro e degli utenti per migliorare il numero di chi dovrebbe essere inserito in determinati percorsi lavorativi. Va fatto un lavoro di controllo e di monitoraggio.

6) Le case popolari assegnate sono molto spesso fatiscenti. Perché non si pensa di riqualificare questi rioni più disagiati, dove c’è tanta povertà?
Lei ha molto ragione. Queste case fanno capo all’ARCA (Agenzia Regionale Case Popolari) Oggi anche questo settore è interessato dal PNRR e ci sono delle misure ad hoc che riguarderanno proprio la rigenerazione delle case popolari. Laddove non c’è cura, laddove non c’è bellezza, è più facile che si sviluppi disagio sociale. Sicuramente saranno interessati da progetti riguardanti il PNRR e a breve dovrebbero partire i lavori.

7) Il Welfare state, secondo lei, funziona come dovrebbe? Quali sono i suoi limiti nell’applicare nuove leggi?
Sicuramente non funziona come dovrebbe perché solo in un mondo ideale le leggi sono realmente congrue, cioè opportune rispetto al momento storico che viviamo. Noi però dobbiamo cercare di fare il meglio possibile, “per i miracoli ci attrezzeremo”, come si dice.

8) Quali leggi sono nate con il Welfare state?
Più che leggi sono visioni differenti, quindi un nuovo approccio alla disabilità, a quelle che sono le persone in difficoltà, oppure agli anziani, perché come sapete la nostra popolazione è diventata molto più “vecchia” rispetto a prima. Considerate che come pugliesi abbiamo perso centomila abitanti: eravamo quattro milioni ed ora siamo sotto i quattro milioni e di conseguenza questo porta un ridotto stanziamento nazionale alla Puglia, perché riducendosi il numero degli abitanti, minore è l’arrivo di soldi pubblici. Noi per questo abbiamo voluto modificare quella che è la nostra visione e le nostre priorità nel mondo del welfare ed abbiamo introdotto, ad esempio, anche l’invecchiamento attivo, per aiutare le persone più anziane ad avere un approccio differente con i mezzi digitali, con internet, con i computer. Poi stiamo lavorando anche sull’inclusione sociale, cercando di dar vita ad un’inclusione che sia a trecentosessanta gradi, lavorando insieme alla sanità, ma anche insieme alla formazione, alla scuola, alla cultura, per avere il welfare culturale, per avere il welfare agricolo, per avere il welfare che aiuti e che in qualche modo supporti l’università, la formazione. Quindi c’è una visione diversa, perché con il Covid l’aspetto sociale è diventato centrale rispetto a prima, quindi ora c’è un’attenzione anche dei politici alla cura delle persone, al benessere delle persone, che prima non c’era. Quindi è un’insieme di cose che sono cambiate ma che devono ancora cambiare.

9) Come si pensa di aiutare l’incremento demografico?
Questo è un gravissimo problema, perché, come dicevo prima, si è ridotto il numero di noi pugliesi. Noi dobbiamo aiutare le donne e le famiglie ad avere un supporto da parte delle istituzioni, cosa che oggi non c’è. Pensate alla Francia, che ha invertito i numeri della natalità dopo misure di aiuto alle politiche. Quindi sicuramente va fatto a livello nazionale, perché il problema è di tutto il Paese, non solo della Regione Puglia. Noi come Regione Puglia stiamo lavorando con delle misure a favore delle famiglie, con degli sportelli di ascolto alle famiglie così da comprendere il disagio che le stesse stanno vivendo. Le stiamo aiutando anche con un supporto economico laddove esiste un disagio economico forte, con il Reddito di dignità, che è un reddito solo pugliese, che sta aiutando qualcosa come dodicimila cittadini pugliesi, più di quattromila famiglie che hanno poi iniziato anche un percorso lavorativo. Quindi sicuramente un supporto economico, ma la vera sfida è il lavoro, dobbiamo collaborare per fare sì che ci siano alternative occupazionali per i giovani che devono rimanere qui, poi devono fare famiglia qui, quindi devono sentire un clima e una situazione sociale, lavorativa, economica, idonea per poter mettere su famiglia. E una serie di politiche che vanno alterate, modificate, per poter favorire i giovani a mettere radici e a non dover andare via più e quindi poi a far nascere bimbi e aumentare la natalità. 

10) Quali sono le politiche attive a supporto del mercato del lavoro?
Queste politiche sono legate all’Assessorato del Lavoro, non al mio Assessorato. Noi però stiamo collaborando con loro, c’è il Progetto Gol, dove arriveranno cinquanta milioni, ed è molto importante perché supporta tutte quelle persone in forte disagio economico. Noi dobbiamo far sì che ci siano possibilità di reinserimento lavorativo, di aggiornamento, laddove ci sono delle persone che magari devono appunto rimanere al passo coi tempi sulle nuove esigenze. Poi rafforzare i centri per l’impiego e questa è una cosa che sta già facendo la Regione: considerate che ultimamente sono stati assunti dall’Arpal Puglia qualcosa come quattrocento persone che in tutta la Puglia rafforzeranno e aiuteranno i Centri per l’impiego, e poi appunto il Programma di Garanzia e di Occupalità dei Lavori, il cosiddetto “GOL”, che favorisce sicuramente tante persone che hanno difficoltà. Bisogna però mirare quelle che sono le fasce da aiutare: chi prende il Reddito di dignità deve essere aiutato tramite i progetti di inclusione lavorativa con il patto di inclusione che deve essere firmato; chi prende il Reddito di cittadinanza attraverso i Puc, quindi tramite i comuni che si devono mettere a disposizione; poi sicuramente i centri per l’impiego, che devono essere rafforzati, perché le piccole e grandi imprese devono vedere nei centri per l’impiego degli interlocutori, dei nodi centrali per poter portare lavoro ed un nuovo modo di intendere l’occupazione l’inclusione nel mondo del lavoro.

11) Cosa si intende per politiche passive e quanto influiscono sul Welfare?
Sono tutte quelle politiche che in maniera indiretta intervengono nella vita delle persone: per dire, il buono economico che dicevamo prima, che aiuta le famiglie, è una politica passiva, perché in maniera passiva aiuta le famiglie ad avere una maggiore possibilità di lavorare e di avere anche una vita sociale, imprenditoriale. Quelle sono tutte politiche passive, cioè laddove si danno solo soldi e non si favorisce un’attività diretta dei soggetti ma, percependo soldi, come il Reddito di dignità, il Reddito di cittadinanza o i buoni servizio, tutte queste sono politiche passive, che però aiutano i cittadini ed è un modo di intendere la possibilità e l’occupazionalità e comunque sono opportunità che effettivamente si danno ai nostri territori.

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