Percorrendo l'itinerario delle quattro porte di Lecce

La redazione “Fiori di carta” con l’arrivo della primavera ha iniziato il percorso dell’ottavo numero: “Cattedrali, monasteri e conventi tra passato e presente” visitando Lecce e le quattro Porte. L’itinerario è stato suddiviso in quattro tappe: Porta Rudiae, Porta San Martino, Porta San Biagio e Porta Napoli. La guida turistica, dott.ssa Alice Bòttega ci ha illustrato la storia dei monumenti. Il gruppo si è ritrovato dapprima presso Porta Rudiae così chiamata perché collegava all’omonima città di Rudiae, che secondo la tradizione i superstiti, detti anche rusciàri, furono ospitati in prossimità della porta. La Porta fu ricostruita nel 1703 da parte di Giuseppe Guido seguendo i canoni dell’arco di trionfo: quattro colonne, due per lato, che incorniciano l’arcane centrale e sorreggono il cornicione. La facciata è divisa in due parti ed è tipica dell’architettura religiosa di quel tempo: in quella inferiore è rappresentata quella dei fondatori civici che sono Euippa, Malennio, Dauno e Idomeneo; quella superiore esprime il trionfo dei fondatori religiosi: Sant’Oronzo, Sant’Irene e San Domenico, eletto coprotettore nel 1640. Da questo si può così evincere che la facciata di Porta Rudiae rappresenta le origini pagane della città e di come queste furono riscattate dalla religione cristiana. Da qui il gruppo ha proseguito per visitare la Chiesa e l’annesso convento San Giovanni Battista (D’Aymo), la Chiesa di Sant’Anna con l’annesso Ex Conservatorio, la Chiesa di Sant’Elisabetta, la Chiesa di Santa Teresa e il museo diocesano ubicato nell’Ex Seminario. Tutte queste Chiese sono state visitate dall’esterno. Il gruppo nella seconda tappa è partito da Porta San Martino per poi visitare la Chiesa di Santa Croce, il Palazzo dei Celestini, il Sedile e la Chiesetta di San Marco. Durante questo percorso abbiamo appreso dalla guida che si ipotizzano da parte dei critici d’arte Marcello Fagiolo e Vincenzo Cazzato un triplice spostamento di essa in concomitanza con le tre fasi di espansione del circuito murario. Di questa Porta l’unica immagine tramandata è stata quella pubblicata dal Pacichelli nel 1703, dove si osserva un arco di passaggio aperto nella muraglia. Nel febbraio del 1826 fu abbattuta su ordine del decurionato perché a suo parere oscurava la bellezza del palazzo d’Intendenza, oggi l'attuale Prefettura. Camminando con gli occhi all’insù tra i vicoli stretti della città per ammirare i fregi barocchi dei palazzi signorili leccesi in una mattina assolata dell’ultimo mercoledì del mese di maggio, la redazione si è soffermata a Porta San Biagio. Porta San Biagio prese il nome da un’antichissima cappella medievale che nel 1634 attirava la devozione dei leccesi. Dalle esplorazioni archeologiche si evince che la posizione delle mura in corrispondenza della Porta non hanno subito variazioni se non a partire dal periodo romano. A metà del 1400 Giovannantonio Orsini Del Balzo collegò questa Porta volta ad oriente con il complesso della Torre del Parco, divenendo così nel 1582 grazie a Ferrante Caracciolo una vera e propria passeggiata murale. Questa Porta fu disegnata da Emanuele Manieri, e dall’iscrizione sul fronte si rileva che è stata costruita nel 1774. L’attigua cappella medievale di San Biagio in seguito ai lavori di ricostruzione crollò nel 1884. A tal proposito Orsini Del Balzo fece costruire nei pressi della Torre del Parco, in un meraviglioso giardino, due chiesette alle due estremità dell’asse che collegavano i due punti creando così un’asse sacro dedicato a San Biagio. Superata la Porta, il gruppo si ferma per ammirare la bellezza della Chiesa di San Matteo e quella di Santa Chiara. Non ci sono parole per esprimere lo stupore dell’architettura barocca che tra pilastri e nicchie fanno da cornice alle tele presenti. Lecce, in epoca messapica, veniva delimitata da una cinta muraria spessa 5 metri e lunga 3 kilometri, all’interno della quale si alternavano case e tombe datate tra il IV e la fine del II sec. a.C. La città, in epoca romana, si trasforma in un abitato romano seguendone le leggi. I defunti dovevano essere seppelliti al di fuori della cinta muraria, cambia così il rito della sepoltura: non più inumazione, ma incinerazione usando così le urne funerarie. Lecce diventa una città romana e i numerosi scavi archeologici hanno consentito di individuare il centro civile e politico della città mettendo in evidenza i resti del Teatro e dell’Anfiteatro. Questi due edifici sono stati impostati secondo un orientamento quasi uguale e appaiono realizzati con la stessa tecnica costruttiva. La posizione dell’anfiteatro rispetto al teatro è più periferica, quasi a ridosso delle mura, mentre il teatro risulta più centrale ed è collocato in prossimità del foro. Oltre ad aver ammirato ed ascoltato la storia di questi due luoghi nel corso degli anni, personalmente ho fatto un volo pindarico nella Lecce romana rivivendo le scene di vita che anche grazie alla visione del filmato 3D ho potuto memorizzare. Ultima tappa del nostro percorso è stata Porta Napoli, esistente già da molti secoli ed è uno dei monumenti più austeri. Prende il suo nome dal capoluogo campano appunto Napoli ed è un Arco di Trionfo costruito nel 1548 da Giangiacomo dell’Acaya, e fu dedicata a Carlo V per magnificare la sua grandezza. Un’antica tradizione ci riporta che a Porta Napoli gli fu assegnato il nome di “Porta San Giusto” perché il santo predicava in quel luogo per evangelizzare i leccesi. Anticamente, la struttura fungeva da monumento di sicurezza che impediva alla gente nemica l’accesso in città. Al centro dell’Arco Trionfale si può osservare lo stemma in onore di Carlo V per aver difeso il Salento dalla sanguinosa battaglia contro i Turchi. Nel 1567 fu ricostruita e ampliata la cappella dedicata a San Giusto per consacrarla a Santa Maria della Porta oggi conosciuta con il nome di San Luigi. L’attuale monumento è stato ricostruito in stile neoclassico dal 1852 al 1858. Ha una pianta ottagonale con quattro arcate sulle quali è impostata la cupola decorata con delle maioliche da renderla simile al Pantheon di Roma. Le sue vetrate policrome raffiguranti angeli in adorazione del Sacro Cuore arricchiscono la maestosità della chiesa. Risalendo via Palmieri, il gruppo sosta in piazza Duomo per visitare la Cattedrale metropolitana di Santa Maria Assunta, l’Episcopio e l’Ex Seminario. La Cattedrale presenta due prospetti di cui il principale è a sinistra dell’Episcopio, è molto sontuosa per le sue  decorazioni seicentesche, mentre l’altro che si affaccia all’ingresso della piazza ha uno stile raffinato che sembra quasi voler equilibrare la sontuosità. Lo spazio interno del Duomo è a croce latina abbellito da dodici altari su cui regna sovrano lo splendido soffitto in legno intagliato e dorato che incornicia le tre tele di Giuseppe da Brindisi che raffigurano le storie di Sant’Oronzo, la protezione dalla peste, la predicazione e il martirio. Al culmine di tanta bellezza siamo giunti a visitare la cripta medioevale ricostruita nei primi anni del 1500. Essa si presenta come un corpo longitudinale che racchiude due cappelle barocche, le quali si incrociano con un corridoio composto da 92 colonne. La peculiarità di queste sono i capitelli barocchi raffiguranti volti umani differenti tra di loro. Addentrandoci nelle stradine del centro storico giungiamo alla Chiesa del Carmine e al suo annesso convento dei Carmelitani Scalzi. Essa fu costruita dapprima dall’architetto Giuseppe Cino per poi essere terminata da Mauro Manieri. La sua facciata è riccamente decorata da fregi che progressivamente si dissolvono verso l’alto. Il suo interno ha un’originale forma a croce latina che si trasforma in una pianta centrale, riproducendo in onore della tradizione biblica, la pianta di un piede umano. Un tempo i monaci Carmelitani Scalzi accedevano alla Chiesa tramite una strettoia che la collegava al convento. Oggi ospita il Rettorato e gli uffici universitari e si può ammirare il bellissimo chiostro quadrangolare racchiuso da coppie di imponenti colonne.